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La difficile marcia verso la parità

Scritto da Livia Mercuri e Federica Michetti

La lotta delle donne per ottenere i propri diritti ha permesso, nel corso degli anni e soprattutto nei paesi occidentali, che fossero promulgate leggi a loro tutela, sia nel contesto familiare sia in quello sociale. A livello legislativo, dunque, sono stati fatti passi da gigante. Ma è così anche sul piano culturale? Purtroppo la risposta si conosce; nonostante sembri che la parità dei sessi sia ormai una cosa ben radicata nella cultura occidentale, la situazione che ne emerge è differente.

 

 

Dall’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, l’impressione è che si siano risvegliati da un “torpore” coloro che,

forse nel timore del cambiamento, hanno silenziosamente accettato la situazione; al contempo sono riemersi pubblicamente i sentimenti di misoginia e sessismo da parte di molta gente, sentendosi addirittura rappresentata e supportata da un uomo che presiede la carica politica più importante in uno dei paesi più sviluppati e industrializzati. Da un evento come questa elezione, si rischia non solo che venga accentuato il problema a livello sociale, ma anche che si faccia un passo indietro a livello legislativo. Ne è una prova un ordine esecutivo firmato da Trump nei primi giorni di presidenza con cui ristabilisce il bando ai finanziamenti del governo federale a tutte le organizzazioni che praticano o fanno informazione sull’aborto nel mondo.

 

Il giorno dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, milioni di donne hanno invaso le piazze del mondo per ricordare i diritti di ognuno e contrastare qualsiasi forma di intolleranza nei confronti delle diversità. Questo evento, che ha preso il nome di “Women’s March”, ha avuto origine a Washington, per poi estendersi in 40 paesi - dall’Argentina al Congo, dall’Arabia Saudita al Sudafrica, toccando perciò realtà diverse, mosse da un obiettivo comune - generando un movimento sfociato nell’organizzazione di 672 ‘’Sister Marches’’, con l’intento di dar voce alle donne e a tutti coloro che vedono i propri diritti sfumare sempre più.

La violenza sulle donne è talmente comune che è diventata una delle principali cause di morte. Ed è spaventoso scoprire che in Russia le cosiddette “percosse in famiglia” non siano più considerate un reato, ma un semplice atto punibile con il pagamento di una somma di denaro, poiché ciò che accade tra le pareti domestiche non viene considerato affare dello stato. È proprio questo che è successo nella Russia di Putin, dove la violenza domestica verrà considerata un crimine punibile con due anni di carcere solo nel caso in cui venga ripetuta più volte nello stesso anno o sia motivata da odio o teppismo. Emerge il timore che la concezione della donna come subalterna e inferiore all’uomo possa tornare a stereotipare la società. Se la situazione è ancora questa, però, non è solo a causa delle leggi; finché nelle stesse donne non ci sarà una radicalizzazione della coscienza di essere qualcosa di più, i cambiamenti non si vedranno. 

La loro condizione in tanti paesi arabi e africani è davvero grave: sfruttamento minorile, sfruttamento sessuale, riduzione in schiavitù o reclutamento in eserciti di bambini, segregazione in casa. La strada da percorrere per arrivare a cambiamenti significativi sembra lunghissima e tortuosa. Ma persone come Malala Yousafzai, una ragazza pakistana che fin da bambina ha intrapreso una lotta per riscattare la condizione femminile nel proprio paese e il proprio diritto allo studio e all’istruzione («i libri e le penne sono le armi più potenti»), sono presenti. Una piccola luce nel buio.

"Più ho parlato di femminismo e più mi sono resa conto che troppo spesso battersi per i diritti delle donne era diventato sinonimo di odiare gli uomini. Se c’è una cosa che so con certezza è che questo deve finire. Il femminismo, per definizione, è la convinzione che uomini e donne debbano avere pari diritti e opportunità: è la teoria dell’uguaglianza tra i sessi – politica, economica e sociale. […] Uomini, vorrei cogliere questa opportunità per farvi un invito formale. La parità di genere è anche un problema vostro. Perché fino a oggi ho visto il ruolo in famiglia di mio padre considerato meno importante dalla società, nonostante da piccola avessi bisogno della sua presenza tanto quanto quella di mia madre. Ho visto giovani uomini affetti da malattie mentali, incapaci di chiedere aiuto per paura di apparire meno “maschi” […] Ho visto uomini resi fragili e insicuri dalla percezione distorta di cosa sia il successo maschile. Neanche gli uomini hanno i diritti della parità di genere. Non si parla molto spesso di come gli uomini siano imprigionati negli stereotipi di genere che li riguardano, ma vedo che lo sono. E quando se ne saranno liberati, le cose cambieranno anche per le donne. (Emma Watson, ambasciatrice del settore UN Women delle Nazioni Unite)"


Livia Mercuri e Federica Michetti 5E

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