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Bambini in provetta

Scritto da Giulia D'Orio 5A

Negli ultimi anni abbiamo sentito spesso parlare di procreazione assistita, ma molte volte si genera confusione con la terminologia specifica del settore.

Capita che il termine “Fecondazione Artificiale” venga usato come sinonimo di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), ma non è corretto. Con PMA si indicano tutti i metodi (microiniezioni, fecondazioni in vitro, impianti embrionali…) che aiutano gli individui a procreare, quando questi avessero problemi a farlo naturalmente; la fecondazione, o inseminazione, artificiale è invece uno di questi metodi, probabilmente il più conosciuto.

Perché parlare di PMA ai giovani?

È importante parlare di PMA, e in generale di tutto ciò che riguarda l’argomento, in quanto la fertilità è un bene che va preservato sin dall’infanzia.

Numerosi studi hanno dimostrato che tra le cause dell’infertilità, accanto a infezioni genitali trascurate e complicazioni fisiche patologiche, figurano pratiche legate a cattivi stili di vita. Tra le principali cause di perdita della fecondità, sia maschile che femminile, troviamo l’abuso di alcool e il fumo, nonché l’uso di sostanze stupefacenti. Inoltre l’obesità o l’eccessiva magrezza sono causa del 12% dell’infertilità.

È evidente come cattive pratiche molto diffuse tra i giovani possano compromettere la fertilità. Rischiamo di vincolarci, in futuro, alla procreazione assistita che, per quanto scientificamente affascinante, non è sicuramente da preferire al concepimento naturale.

Chi ricorre alla PMA?

La procreazione assistita nasce per aiutare il concepimento in tutte le coppie in cui questo non avviene spontaneamente. Data l’invasività e la percentuale di riuscita che non raggiunge mai il 100% viene consigliata dai medici solamente agli aspiranti genitori che dopo 12-24 mesi di rapporti mirati non sono riusciti a concepire.

Il Ministero della Salute italiano consiglia di rivolgersi alla PMA qualora si verifichino casi di infertilità di vario genere, malformazioni uterine o tubariche o problemi endocrini-ovulatori.

Le coppie che ricorrono alla procreazione assistita devono però tener conto di un altro fattore importantissimo: l’età. Nell’applicazione delle tecniche di PMA, nonché nella diagnosi di infertilità, l’età avanzata della donna è un elemento molto sfavorevole alla riuscita del concepimento in quanto la fertilità si riduce fisiologicamente con l’invecchiamento.

La procreazione medicalmente assistita inoltre contribuisce a “colmare” il vuoto della denatalità: nel nostro paese la natalità è sempre più in diminuzione e ciò si deve a vari fattori socio-economici. I giovani studiano più a lungo rispetto al passato e, al termine degli studi, non sempre riescono ad affrontare economicamente una vita indipendente, rimanendo a casa con i genitori; molte ragazze invece antepongono la vita professionale alla famiglia.

La PMA in questo senso è vista come un incentivo al concepimento per tutte quelle potenziali coppie di genitori che per diversi motivi non riescono ad avere figli ma che invece, con il supporto medico, potrebbero contribuire ad incrementare la natalità e a fermare l’invecchiamento della popolazione

La PMA può essere rischiosa?

Le procedure di procreazione assistita hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni, le tecniche si sono affinate e numerose cliniche si sono specializzate in PMA. Nonostante ciò la procreazione assistita può presentare alcuni rischi sia per la donna che per l’embrione o il futuro bambino.

Alcune procedure ricorrono all’utilizzo di cure ormonali volte a stimolare la maturazione di più follicoli contemporaneamente per aumentare le percentuali di fecondazione, ma allo stesso tempo rischiano di procurare un’iperstimolazione ovarica che potrebbe causare problemi alla donna, nonché compromettere la riuscita della PMA.

Inoltre la presenza di più di un ovocita nell’utero potrebbe portare a gravidanze plurigemellari molto faticose da portare avanti e che spesso degenerano in aborti o portano alla nascita di bambini malformati o sottopeso. Per evitare questo inconveniente l’ordinamento giuridico italiano ha emanato una legge che limita il numero di possibili embrioni fecondati e/o impiantati a un massimo di tre.

L’efficacia e la sicurezza delle tecniche di PMA sono costantemente valutate e tutte le informazioni in merito sono raccolte in Italia in un Registro nazionale per poter così monitorare tutte le procedure.

Risvolti etici della PMA

Far nascere i bambini in laboratorio è stata una pratica più volte dibattuta sul piano bioetico. L’aspetto della PMA che viene maggiormente “attaccato” dai bioetici è la possibilità di un rischio di eugenetica, cioè il perfezionamento della specie umana attraverso selezioni genetiche artificiali.

La fecondazione artificiale eterologa, cioè effettuata utilizzando cellule riproduttive di un donatore esterno alla coppia, permetterebbe infatti alle coppie di scegliere il seme del donatore in base a precise caratteristiche genetiche che vorrebbero per il proprio bambino. Ciò però causerebbe una classificazione di geni “migliori” o “peggiori”.

Un altro problema etico è nato con la diffusione della maternità surrogata o del cosiddetto “utero in affitto”, pratica peraltro vietata in Italia. Essa consiste nell’impiantare un embrione nell’utero di una donna esterna alla coppia che ricorre alla PMA e che si impegna a portare a termine la maternità, per poi consegnare il neonato alla coppia. In questo caso il problema sussiste nel riconoscimento legale dei genitori biologici o di quelli sociali, anche se diverse soluzioni in merito sono state trovate in diversi paesi.

Giulia D'Orio

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