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Dietro le sbarre di una galera mentale

Scritto da Laura Quarta 5C

Un carcere che non ci saremmo mai immaginati

Il termine “schiavitù” significa “privazione di ogni facoltà di libera scelta, privazione di libero arbitrio”. Lo stesso Dante Alighieri, nel XIV secolo con la sua Commedia, ha evidenziato che l’uomo è dotato di libero arbitrio.

La Schiavitù conduce alla violenza e all'umiliazione e, nonostante il passare dei secoli, non è mai scomparsa; anzi, ha sempre trovato metodi per radicarsi nella socità, apparendo ovviamente inumana.

Esiste però un altro genere di schiavitù che dipende esclusivamente da noi: si sta parlando di schiavitù mentale. Tale schiavitù può essere più o meno notevole negli esseri umani in base a come viene costruita l’ individualità di ogni uomo attraverso soprattutto il sapere e la cultura.

Si può parlare di schiavitù mentale se si fa riferimento ad individui colpiti da preconcetti, pregiudizi e passioni che li rendono in tutto e per tutto prigionieri di loro stessi.

L'uomo è soggetto all'assimilazione e all'ubiquità che insieme danno la possibilià di assimilare ovunque e in qualsiasi momento. Purtroppo, le immagini che egli assimila sono spesso ingannevoli; l'uomo resta indifferente credendo a orride bugie.

Per questo, in un tempo di “schiavitù” in cui oscuri padroni decidono per tutti, scegliendo il male senza mai chiedere il permesso, è difficile rendersi detentori del proprio destino riprendendosi se stessi. Sono proprio, infatti, le entità del potere a lavorare sodo per ammaestrare il cervello dell'essere umano appropriandosi di ogni più ignorante consenso.

Ed è strano che proprio in quest'epoca dove ognuno sembra padrone della propria storia si avverta un senso di disagio quando si parla di libertà.

La gente è impotente davanti alle sconvolgenti notizie di cronaca che presentano violenze, crimini e depravazioni che accadono nelle città. Vorrebbero tutti essere protagonisti della trasformazione del mondo e delle proprie vite, ma qualcosa sussurra che non può essere così.

È come se fosse stata smarrita la meta della vita ed è quindi necessario trovare una soluzione che riporti sulla giusta strada, ma non si sa come fare. Tutto questo uccide i sogni e la felicità.

Bisognerebbe quindi essere in grado di portare avanti la propria emancipazione, cioè liberazione da restrizioni e costruzioni tradizionali; che può essere l'unica via d'uscita dalla schiavitù mentale.

A ricordare ciò è il più grande cantautore raggae di tutti i tempi, nonché importante attivista e vincitore della medaglia della pace delle Nazioni Unite, Robert Nesta Marley, meglio conosciuto come Bob Marley.

Nato a Nine Mile (Giamaica) nel 1945 e morto a Miami nel 1981, è noto soprattutto come dedicatore della sua musica alle lotte contro l'oppressione politica e razziale e all'unificazione dei popoli di colore per raggiungere la libertà e l'uguaglianza. Marley divenne infatti leader politico, spirituale e religioso (seguace e sostenitore del movimento Rastafari).

   L'artista, nel 1980, con la sua “Redemption Song” (uno dei suoi pochi brani di genere Folk) mette in luce il tema della schiavitù.

Nei primi versi parla delle popolazioni africane che, dal '600 all' '800, venivano trasportate come schiave in America per la mancanza di manodopera, di seguito Marley esorta l'ascoltatore proprio all'emancipazione dalla

galera mentale.

Segue il testo:

 

Old pirates, yes, they rob I;

Sold I to the merchant ships,

Minutes after they took I

From the bottomless pit.

But my hand was made strong

By the 'and of the Almighty.

We forward in this generation

Triumphantly.

Won't you help to sing

These songs of freedom?

'Cause all I ever have:  

Redemption songs.

 

Emancipate yourselves from mental slavery;

None but ourselves can free our minds.

Have no fear for atomic energy,

'Cause none of them can stop the time.

How long shall they kill our prophets,

While we stand aside and look? Ooh!

Some say it's just a part of it:

We've got to fulfil de book.

 

Won't you help to sing

These songs of freedom?

'Cause all I ever have:  

Redemption songs.

Traduzione:

 

Vecchi pirati, si, mi hanno rapito;

Mi hanno venduto alle navi dei mercanti,

Qualche minuto dopo avermi tolto

Dall'inferno senza fondo.

Ma la mia mano venne fortificata

Dalla mano dell'Onnipotente.

Progrediamo in questa generazione

Trionfalmente.

Non mi aiuterai a cantare

Questi canti di libertà?

Perchè tutto quel che ho sempre avuto:

Canti di redenzione.

 

Emancipatevi dalla schiavitù mentale;

Solo noi stessi possiamo liberare la nostra mente.

Non aver paura dell'energia atomica,

Perchè nessuno di loro può fermare il tempo.

Per quanto ancora dovranno uccidere i nostri profeti,

Mentre stiamo da parte e guardiamo? Ooh!

Alcuni dicono che è solo una parte di questo:

Dobbiamo adempiere al libro.

 

Non mi aiuterai a cantare

Questi canti di libertà?

Perchè tutto quel che ho sempre avuto:

Canti di redenzione.

I due versi messi in evidenza sono proprio la provocazione di Marley all'emancipazione dalla schiavitù mentale, frase divenuta celebre ovunque.

Emanciparsi, quindi, dalla schiavitù mentale implica liberare la propria mente dai pregiudizi e dalle passioni che oscurano il cervello.

È un invito a rendersi padroni del proprio destino, a riprendersi se stessi; un sentimento di speranza...

(Redemption Song è diventata il testamento spirituale di Bob Marley, il cui titolo è stato largamente usato altrove, soprattutto nel contesto dei neri d'America.  Ad esempio, il libro di Mike Marqusee riguardo a Muhammad Ali e il libro di Bertice Berry, esempio di letteratura afroamericana).

...La lotta per la libertà non è una lotta persa, se resisteranno i sognatori, se la porala “libertà” resterà inoffesa dall’uso inappropriato che se ne fa.

“Libertà” deve rimanere una parola portartice di speranza per riconquistare i sogni ceduti a incompetenti da quattro soldi.

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