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Kazuo Ishiguro, un Nobel a metà tra Oriente e Occidente

Scritto da Riccardo D’Angelantonio 5C

Il premio Nobel per la Letteratura è uno dei cinque premi istituiti dal testamento di Alfred Nobel nel 1895. È attribuito all'autore nel campo della letteratura mondiale che "si sia maggiormente distinto per le sue opere in una direzione ideale" e consiste in una somma di denaro (otto milioni di corone svedesi nel 2013), un diploma personalizzato per ogni vincitore e una medaglia d'oro recante l'effigie di Alfred Nobel.

L’Accademia di Svezia, dopo aver comunicato il nome dell’artista al quale viene assegnato il riconoscimento, agli inizi di ottobre, tiene una cerimonia formale al cospetto dei reali svedesi, durante la quale avviene “l’incoronazione” dell’autore o autrice dell'opera letteraria più considerevole.

Quest’anno l’ambitissimo premio è stato consegnato a Kazuo Ishiguro perché, come cita il comunicato dell’Accademia, “in romanzi di grande forza emotiva, ha scoperto l'abisso sotto il nostro illusorio senso di connessione con il mondo”.

Nato nel 1954 a Nagasaki, trasferitosi in Inghilterra con la famiglia a cinque anni, Ishiguro, che ha da poco compiuto 63 anni, vive a Londra dove si è laureato in inglese e filosofia e ha sposato una donna scozzese, Lorna MacDougall, dalla quale ha avuto una figlia. Nel suo paese d'origine è tornato solo da adulto.

A Nagasaki, pochi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono ambientati il suo romanzo d'esordio “Un pallido orizzonte di colline”, del 1982, e “Un artista del mondo fluttuante”, del 1986, per cui gli venne assegnato il premio Withbread. 

L’autore di “Quel che resta del giorno” - vincitore del Booker Prize nel 1989, diventato un film di James Ivory con Anthony Hopkins e Emma Thompson - e di “Non lasciarmi” - inserito da Time nella sua lista dei 100 migliori romanzi in lingua inglese dalla fondazione della rivista nel 1923, con il quale lo scrittore si è anche aggiudicato il Premio Alex nel 2005 - si muove tra Oriente e Occidente, tra atmosfere sognanti e ambivalenti, comiche, stralunate, futuriste. 

Con “Il gigante sepolto”, suo ultimo romanzo del 2015, lo scrittore anglo-giapponese è tornato a sorprendere dopo dieci anni di distanza da carta e penna, trasportando i lettori in una dimensione fantastica.

Lo stile di Ishiguro, ha detto la segretaria permanente dell’Accademia, Sara Danius, “è un mix di Jane Austen con Kafka, a cui aggiungerei un po’ di Proust”.

I bookmaker puntavano sul giapponese più amato dagli occidentali, Murakami Haruki, ma l’Accademia di Svezia ha deciso per un riconoscimento a metà tra Giappone e Gran Bretagna.

A proposito del suo stile, James Wood, l’autorevole critico letterario del New Yorker, scrisse che “ha una prosa di provocante equilibrio, piatta come l’orizzonte del mare, ma dove si agitano profondità nascoste. Evita ornamenti ed eccessi e sembra apprezzare cliché, banalità, episodi scialbi e un’atmosfera con una strana calma diffusa, la cui mite presenza sembra irreale e minacciosa”.

Sapere che Ishiguro abbia vinto il Nobel ci insegna come l’essere diviso tra due mondi, due paesi e due lingue è un’opportunità che, nelle mani di un ingegnoso, mite e umile scrittore, può donare al mondo capolavori capaci di introdurre nuovi elementi stilistici e sensibilità tipici dei paesi orientali nel panorama artistico britannico. Kazuo afferma, infatti: “Non sono del tutto come gli inglesi, perché sono stato portato qui da genitori giapponesi e vivevo in una casa in cui si parlava giapponese. I miei genitori non capirono da subito che saremmo rimasti qui a lungo e si sentirono in dovere di tenermi in contatto con i valori giapponesi. Ho un background diverso, penso in modo diverso, la mia prospettiva è leggermente diversa”.

 

Altro non resta da fare se non andare in libreria o in biblioteca e leggere uno dei suoi libri per scoprire “quell’abisso sotto il nostro illusorio senso di connessione con il mondo”.

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