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Un mondo giusto

Scritto da Giulia Fantini 5B

Prima di iniziare a scrivere questo articolo, ho navigato qua e là su internet per cercare in alcuni dizionari italiani il significato della parola giustizia, e vorrei riportarvi i risultati della mia ricerca. Dal vocabolario Treccani: “Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge.”; dal Corriere della sera: “Principio morale, virtù, consistente nel dare a ciascuno il dovuto, nel giudicare con equità.”; da Olivetti dizionario: “Virtù per cui si dà a ciascuno ciò che gli è dovuto.”Seguendo una di queste definizioni, prendiamo in esame un caso particolare, ossia quello di attribuire a delle persone alcuni meriti o valori secondo i criteri di giustizia. Facciamo un esempio quotidiano sul quale tutti concorderanno, o almeno si spera: al termine di un’interrogazionescolastica, chi ha studiato di più e ha esposto meglio l’argomento, riceverà un voto sicuramente maggiore di chi magari non ha neanche aperto il libro. E supponendo che nessuno, durante l’esposizione della materia, abbia subito penalizzazioni da parte del docente o degli altri compagni, avremmo una situazione di perfetta equità. La giustizia, però, non è chiamata in causa solamente in situazioni “perfette” ed evidenti come questa, anzi. 

Quante volte ci capita di ricevere un torto senza che venga fatta alcuna giustizia? E quando parliamo di giustizia, cosa intendiamo davvero? Cosa vogliamo ottenere? Molti richiederanno un risarcimento dei danni, altri ancora che l’offensore venga punito. E se subissimo un reato ancor più grave, come appropriazione indebita, estorsione o furto d’identità? Ci sentiremo in diritto di difenderci, richiamando la legge a nostro favore, che ha tra i vari compiti anche quello di tutelare i rapporti fra i cittadini. Ad esempio, nel caso delle vittime di estorsione, a cui vengono sottratti dei beni con violenza o minacce, si può richiedere un risarcimento, a volte proveniente da un fondo di solidarietà comune. Ovviamente, per poter avere accesso all’elargizione, bisogna possedere dei requisiti precisi. In questo modo si restringe il campo delle persone che potenzialmente possonoessere ripagate. Una volta fatta la richiesta, può passare un arco di tempo molto lungo, spessoindefinito, prima di essere risarciti. 

Il 26 agosto 2010 è avvenuto l’omicidio di Sarah Scazzi, una ragazza sedicenne di Avetrana. Il processo vero e proprio si è aperto il 10 gennaio 2012, ben due anni dopo la scomparsa della ragazza, e la sentenza è stata emanata il 21 febbraio 2017 con la condanna all’ergastolo per la zia e la cugina. In questi anni, il processo è stato archiviato e riaperto circa sei volte, anni in cui la famiglia della vittima ha sperato fino all’ultimo in un briciolo di giustizia. In fondo, però, nessun’indagine, nessun condannato potrà mai riportare Sarah dalla sua mamma, dai suoi parenti ed amici, e in tutti questi anni il delitto è stato solamente ampliato, prolungato inutilmente e commercializzato. Questi tristi eventi inducono le persone a non avere più fede nella giustizia, e a pensare di far valere le proprie ragioni autonomamente. E così molti scambiano la ragione con la vendetta, alimentando il male tra gli individui. 

Quasi sempre, inoltre, ci ritroviamo da soli a combattere le battaglie di ingiustizia che ci vengono poste, e fatichiamo a trovare l’appoggio di qualcuno estraneo alla questione. Noi, uomini del XXI secolo, siamo invasi da un senso di egoismo e individualità che ci porta a vedere unicamente la sfera dei nostri desideri e interessi. Ci lamentiamo della nostra condizione e non facciamo niente per migliorare quella degli altri, così come gli altri non agiscono per migliorare la nostra. Si sente all’interno della società una forte mancanza di compattezza, di unità tra i cittadini, di vera solidarietà e di condivisione della medesima realtà quotidiana. 

Pensiamo un attimo ai supereroi e alla loro popolarità. Per quanto ci possa sembrare difficile immaginarlo, il mondo dei fumetti (che sia Marvel o DC Comics) è uno specchio della nostra realtà, dove ognuno di noi vorrebbe, almeno per un attimo, sentirsi eroe. A prescindere dalla capacità di volare, di diventare invisibili o di sparare ragnatele, tutti i più grandi supereroi hanno qualcosa di umano che li caratterizza e li sviluppa sul nostro stesso modello di cittadini. Essi sono quello che vorremmo essere, ma che nessuno ha il coraggio di affrontare. Le loro storie, oltre ad essere un bel passatempo da leggere, sono anche un esempio di onestà che riesce, almeno in parte, a colmare la nostra sete di giustizia.

Dissociandosi da tutto il contesto citato sopra, c’è anche chi diffida della giustizia penale e ripone la sua fiducia nella giustizia naturale, che con il passare del tempo dovrebbe ripristinare le situazioni al punto di partenza: ‘quello che semini, raccogli’. Questa credenza, pacifista e consolatoria, di fatto esclude tutta la trattativa riguardante la penalità dei reati compiuti e la loro punibilità. 

Concluderei il discorso con un ultimo esempio, per fornire al mio lettore il quadro completo delle domande in parte analizzate. Prendiamo in considerazione le vittime più valorose, che davanti ad un’aggressione o ad una rapina, per difendere se stessi o la propria famiglia, decidono di impugnare le armi contro gli aggressori, ferendoli o peggio. È così che le semplici vittime ricoprono adesso i panni dell’assassino, dovendo quindi scontare una pena per nulla leggera. Dunque ci chiediamo: fino a che punto siamo tutelati dalla legge?

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