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Perché applaudiamo?

Al momento, il record per l’applauso più rumoroso mai registrato va al sudafricano Alastair Galpin che ha prodotto un suono di 113 dB a 2.5m di distanza, mentre quello per il maggior numero di battiti di mani in un minuto è di 802. Ma cos’è un applauso? È semplicemente il più famoso effetto acustico che il corpo umano può generare e che altra gente può capire, che non richieda l’utilizzo di corde vocali e che viene utilizzato per esprimere ammirazione. Solitamente, una persona riesce a farne dai 2.5 ai 5 ogni secondo e, nel processo, trasforma l’energia cinetica delle proprie mani in energia acustica producendo onde dalla frequenza di circa 2200-2800Hz.

 

Ciascuno di noi si sarà reso conto almeno una volta che l’applauso non fa sempre lo stesso rumore e che comunque quello che esce è molto caotico e incontrollato. Questo accade perché a posizioni diverse delle mani, corrispondono suoni differenti e questi ultimi, tradotti matematicamente, non sono numeri interi multipli l’uno dell’altro; ciò non permette di creare melodie o note musicali come gli altri strumenti a percussione.

 

Comunque il fenomeno in questione è stato definito in maniera diversa da alcune persone. Ad esempio il professor Steven Connor, docente di inglese della Cambridge University, afferma come tutti i suoni che non provengono dalla bocca sono impulsivi e rozzi poiché la voce è il vero tratto distintivo dell’uomo e il battere le mani non è altro che l’espellere energia creata dall’entusiasmo in modo non controllato; lo zoologo, etologo e divulgatore scientifico Desmond Morris invece crede sia solo una semplice pacca sulla spalla data da lontano.

 

Tra gli studi più interessanti condotti sull’argomento, c’è quello del The journal of the royal society, il quale ha scoperto come il contributo che una persona dà a un applauso non è in base a quanto ha apprezzato ciò che ha visto o sentito, ma in base al comportamento delle altre persone. L’applauso, infatti, è un grande livellatore sociale: ci rende tutti uguali, tranne per il soggetto dell’apprezzamento, e ci fa sentire uniti e forti, ci fa sentire in un gruppo dove siamo apprezzati perché “quello che stiamo facendo lo stanno facendo anche gli altri, quindi va bene”. Inoltre il battito di mani non ci fa capire né il sesso né la corporatura e neanche l’età della persona che l’ha prodotto. È divenuto il più comune segno di ammirazione probabilmente perché è il più semplice, rumoroso e democratico gesto che una persona possa fare, dato che un occhiolino o un pollice alzato non si sentono e, non tutti, sanno schioccare le dita.

 

Si hanno riferimenti all’applauso fin dall’antica Grecia: infatti, nel VI secolo a.C. Clistene, salito al potere come riformatore democratico, “impose” il comportamento come modo per le masse di congratularsi o salutare il proprio leader dato che, farlo persona per persona, risultava un po’ scomodo. Nel XIX secolo, invece, nei teatri, venivano ingaggiate delle persone che si studiavano le opere appositamente per piangere, ridere o applaudire in determinati momenti, facendo capire al pubblico cosa fare; questi venivano chiamati “Claques”.

 

È interessante notare anche come, verso l’età di 6 mesi, un bambino capisce che le sue mani possono lavorare insieme e il batterle è un effetto di questa comprensione; sta poi al genitore fargli capire quando bisogna farlo. Anche oggi, nei programmi televisivi, si presenta questa richiesta dell’applaudire in momenti ben precisi: questo ci fa capire come il suo significato sia prevalentemente imposto dalla società.

 

Adesso bisogna fare una riflessione sul futuro di questo fenomeno. Facciamo un paragone tra il passato e oggi: nell’Ottocento si poteva ascoltare la propria canzone preferita 3 o 4 volte dato che per farlo o la sapevi suonare o andavi ad un concerto, ai giorni nostri invece lo si può fare quasi all’infinito grazie alla tecnologia. Questo ci porta ad ascoltare la musica da soli, a casa e, ovviamente, non si applaude ad una canzone appena sentita con le cuffiette. Questa tendenza, che si è notata negli ultimi 30 anni, ad essere più solitari e appartati è stata chiamata Cocooning.

 

Chiaramente molta gente continua ad andare ai concerti dove si applaude e si canta tutti insieme, ma rimane abbastanza chiaro il fatto che videogiochi, film in streaming e social network aumentano il cocooning; i like e le condivisioni stanno letteralmente sostituendo gli applausi. Ma questo non è necessariamente un male! Possiamo infatti vederli come un’evoluzione dei gesti tradizionali che resta in ogni caso un’occasione per esprimere il nostro giudizio o una nostra opinione.

Scritto da Lorenzo Perot 4F

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