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La notte poco prima della tempesta

“Oggi ho davvero la possibilità di scegliere chi sono? Ciò di cui parla Koltès è il desiderio di essere visto per essere riconosciuto, quindi per esistere. È questo il tema universale: non l’integrazione, ma l’esistenza stessa.” (P. Favino)

La notte poco prima della foresta è un solo atto, una sola lunga frase di un solo e unico soggetto.

Il monologo concitato e frenetico è stato scritto da Bernard-Marie Koltès (1948-1989) drammaturgo e regista francese, che si è dedicato spesso a temi come il razzismo, l’emigrazione e l’omosessualità. È stato in scena dall’11 al 28 gennaio scorso al teatro Ambra Jovinelli, interpretatoda Pierfrancesco Favino e prodotto dalla Compagnia Gli Ipocriti. Ha lasciato stupito ed esterrefatto il pubblico in sala. Chi è stato invitato da un amico, chi apprezza il teatro di nicchia, chi ha comprato il biglietto al buio… Sono stati tutti coinvolti nel turbine di parole ed emozioni diquest’uomo senza nome, sotto la pioggia.

Uno straniero, con un accento buffo e impacciato, chiede una stanza ad un passante. Non per dormire, solo per asciugarsi un attimo e parlare. Gli offre un caffè, una birra, o almeno vorrebbe farlo: non gli è rimasto nulla. Ha paura degli specchi. Sono ovunque. È stanco, deluso e arrabbiato di essere diverso e di essere ritenuto tale. Non sopporta la divisione in ore, giorni e zone. Non capisce gli schemi, i ruoli, il comportamento delle persone. Viene abbattuto dalla società e dall’indifferenza. La disperazione lo porta a logorarsi, urlare, piangere e ribellarsi, vuole “spaccare” quel che ha intorno e che tanto lo ha emarginato. E con lui anche altri, come la prostituta impazzita, la donna che mangiava la terra dei cimiteri, la ragazza-fantasma sul ponte.

Questo estraniamento è attuale e comune a chi ha perso la famiglia, la casa, il lavoro, il rispetto, tutto, e si ritrova solo, in un vicolo di notte. Una notte che schiaccia chi non riesce a prevalere e a schiacciare a sua volta gli altri. Koltès traduce tutto questo sentimento in 40 vertiginose pagine recitate tutte d’un fiato, che prenderanno vita su un palco vuoto, con una sola sedia e un solo attore, con tanta pioggia che cade verticale su tutti, senza distinzioni.

Scritto da Alice Rossini 1C

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