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I 90esimi Academy Awards

Immancabile, come sempre, l’appuntamento con gli Oscar.

Quest’anno, poi, l’occasione era di quelle speciali. Il motivo?

Sarà che siamo giunti al novantesimo anniversario dell’Academy of Motion Arts and Sciences? Forse.

Sarà per le opere d’arte e per gli artisti presenti al Dolby Theatre of Los Angeles? Probabilmente.

Saranno le onnipresenti problematiche politiche e sociali che alimentano le solite e sane polemiche le quali, come da tradizione, infiammano le cerimonie ufficiali? Ovviamente!

E sì, proprio così. Ma quali questa volta?

A tutti sarà capitato di sfogliare le pagine di un periodico, di ascoltare un telegiornale, di scorrere sulla bacheca di un qualsiasi social network o di annoiarsi leggendo una rivista (e se così non fosse, ci siamo noi del Giovane Periferico!) e di osservare il caos che regna nel mondo del cinema. Fra accuse di avance indesiderate, di molestie, di abusi, di stupri, tali da mobilitare ogni sorta di movimento femminista, l’universo cinematografico appare come un quadro futurista, teso e in subbuglio.

Ma lo show non finisce qui. Non poteva mancare anche solo un piccolo accenno a Trump e alla sua politica reazionaria. Il presidente degli Stati Uniti è ormai un punto chiave di qualsiasi evento: quando si parla di problemi mondiali, di differenze e discriminazioni o, quando, per puro caso, si cita un muro, un’allusione a The Donald non disdice mai.

Con un clima del genere, il più atteso degli spettacoli per gli amanti delle pellicole rischiava di fomentare ancor più le polemiche a causa di un’affermazione fuori posto, di un commento indesiderato. E, invece, ancora una volta gli Oscar sono riusciti ad uscirne egregiamente illesi.

A risolvere la situazione ci pensa lui: Jimmy Kimmel, conduttore per il secondo anno di fila, che apre la serata così: “Oscar è l’uomo più amato e rispettato di Hollywood. E la ragione è valida. Guardatelo. Tiene le mani là dove si possono vedere. Non dice mai una parola rude. E, soprattutto, cosa molto importante: lui non ha un pene”, rompendo subito gli indugi sul tema delle molestie. Poi va avanti e, mentre presenta la platea pullulante di artisti e intellettuali, ovviamente, lancia una frecciatina più che esplicita al vice presidente Mike Pence affermando: “Noi non facciamo film come Chiamami col tuo nome per fare soldi, noi li facciamo per fare arrabbiare Pence” alludendo alle posizioni anti-gay di quest’ultimo. E nel suo discorso non si esime dal parlare delle discriminazioni, di genere e di colore: “Ricordo un’epoca in cui gli studios non credevano a film con protagonisti supereroi donne o di colore. E il motivo per cui la ricordo è che era marzo dell’anno scorso”.

Insomma, l’atmosfera era calda e l’aria frizzante.

Ma bando alle ciance! Andiamo a vedere chi si è portato a casa una bella statuetta d’oro.

Per il miglior film, le pellicole candidate erano The Shape of Water, Call Me by Your Name, Dunkirk, Phantom Thread, Lady Bird, Darkest Hour, The Post, Get Out e Three Billboards Outside Ebbing, Missouri. Ad aggiudicarsi l’Oscar è stato il film di Guillermo del Toro (The Shape of Water), vincitore anche del premio per la miglior regia; nel suo intervento ha ricordato che “la cosa più importante che fa il nostro settore è cancellare le linee di confine, quando il resto del mondo vorrebbe renderle più profonde”, proseguendo dicendo: “Dovremmo continuare a sentirci così invece di costruire muri”.

Il miglior attore protagonista è Gary Oldman che grazie alla sua impeccabile performance nei panni di Winston Churchill si è lasciato alle spalle Daniel Day-Lewis, Timothée Chalamet, Daniel Kaluuya e Denzel Washington.

Per rimanere in tema, il premio per la miglior attrice protagonista va a Frances McDormand, per la sua ottima interpretazione in Three Billboards Outside Ebbing, Missouri, dopo una sfida serratissima con Sally Hawkins, Margot Robbie, Saoirse Ronan e Meryl Streep.

Miglior attore e attrice protagonista sono Sam Rockwell e Allison Janney.

Per quanto riguarda la miglior sceneggiatura originale e non originale abbiamo, nel primo caso, il giovane ed emergente Jordan Peele, un nome che sentiremo spesso di qui in avanti, mentre nel secondo abbiamo James Ivory, un’autorità, una garanzia (basti pensare che è diventato l'uomo più anziano a venire candidato a un Oscar competitivo e la persona più anziana in assoluto a vincerne uno).

Il miglior film straniero è quello di Sebastiàn Lelio, Una mujer fantàstica, mentre il miglior film d’animazione è Coco di Lee Unkrich e Adrian Molina.

Tra i cosiddetti Oscar tecnici (miglior fotografia, montaggio, scenografia, colonna sonora, sonoro, montaggio sonoro, effetti speciali) a trionfare sono Blade Runner, Dunkirk e The Shape of Water.

Invece, tra i premi sconosciuti, quelli che nessuno ricorda se non è un addetto del settore, ricordiamo: l’Oscar alla miglior canzone per Remember Me (Coco), l’Oscar ai migliori costumi per Mark Bridges (Phantom Thread), l’Oscar al miglior trucco e acconciatura per Kazuhiro Tsuji, David Malinowski e Lucy Sibbick (Darkest Hour), l’Oscar al miglior documentario per Icarus, l’Oscar al miglior cortometraggio documentario per Heaven is a Traffic Jam on the 405, l’Oscar al miglior cortometraggio per The Silent Child e l’Oscar al miglior cortometraggio d’animazione per Dear Basketball diretto da Kobe Bryant (perché non gli bastava l’aver vinto tutto il vincibile in NBA, voleva anche un Oscar).

Detto questo, noi del Giovane Periferico vi salutiamo e vi diamo appuntamento all’anno prossimo per i 91esimi Hunger Gam… eh no, Academy Awards!!!

Scritto da Riccardo D'Angelantonio 5C

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