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Sanità tramite radiazioni: è possibile stare tranquilli?

Abbiamo già discusso gli effetti negativi che le radiazioni possono avere sull’organismo, tuttavia come sappiamo sono anche utilizzate quotidianamente in ambito medico per svariati motivi.

Si spera di no ma probabilmente molti avranno avuto a che fare, ad esempio, con apparecchiatura radiologica per radiografie a raggi x; esse si basano sulla scoperta di Roentgen in base alla quale le parti dure del corpo (le ossa) non lasciano passare i raggi, che invece attraversano il resto dei tessuti, e può esserne dunque osservata la struttura o suoi eventuali danneggiamenti.

Le apparecchiature radiologiche di questo tipo si trovano in camere schermate all’interno degli ospedali per proteggere il personale addetto perché, per farle funzionare, serve una sorgente radioattiva che produca i raggi x.

Questa sorgente tuttavia continua ad emetterli anche quando il macchinario non è utilizzato, rendendosi pericolosa in caso di un’esposizione prolungata.

Le radiazioni assorbite dai tecnici del reparto di radiologia sono considerate il limite massimo al quale può essere esposto un umano senza riscontrare danni.

Se riceverle dall’esterno si può accettare di buon grado, certo farà più impressione il fatto che le radiazioni si possono ricevere anche dall’interno: in medicina si usano traccianti radioattivi per diverse funzioni in modo tale da non dove ricorrere immediatamente alla chirurgia per verificare le condizioni di un organo specifico o di una particolare parte del corpo.

Un esempio di tracciante radioattivo è un preparato a base di tecnezio che legato ad una particolare molecola ed immesso nel sangue viene filtrato dai reni e da lì smaltito nelle urine.

Può non venire in mente subito ma la possibilità di controllare il movimento dei liquidi all’interno degli organi senza doverli aprire effettivamente è di enorme utilità sia in termini di tempo che di efficacia di diagnosi: è come poter vedere in tempo reale la maniera in cui funziona il nostro organismo sotto la pelle.

Dopo aver somministrato il tracciante si procede scattando una serie di “foto” che captano i raggi gamma emessi dal paziente e dunque si riesce a realizzare il percorso che esso ha fatto all’interno del corpo.

Come mai siamo disposti a farci iniettare o a mangiare sostanze radioattive e quindi dannose per la salute?

La risposta è semplice: tra i diversi mali chiunque sceglierebbe quello minore, che nei casi di terapie o diagnosi tramite traccianti consiste proprio nel beccarsi una bella dose di radiazioni.

Come, infatti, ha spiegato Lorenzo Perot nel suo articolo di questo numero: arrecano danno quando l’esposizione ad esse è prolungata e non saltuaria come potrebbe essere quella per motivi medici.

Esistono anche terapie specifiche che si basano sull’assunzione di isotopi radioattivi, ne è un esempio lo iodio 131: questa sostanza viene utilizzata per curare alcune patologie della tiroide nel caso che l’intervento chirurgico sia poco consigliato (viene lasciato come ultima chance).

La direzione nella quale stanno andando le ricerche è quella volta a scoprire modi di poter curare i vari tipi di cancro in maniera specifica, tale da non avere tutte le problematiche legate alla radioterapia classica.

Finora la procedura di avvicinare sorgente e tessuto da trattare si è potuta mettere in pratica solamente quando era richiesta chirurgia lieve per effettuare l’impianto; in futuro potrebbe essere rimosso il vincolo della chirurgia inserendo la sorgente, legata ad una molecola opportuna che la porta presso tessuto tumorale, direttamente nel corpo del paziente.

Scritto da Andrea Ronci 5A

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