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Scienza e politica: un’integrazione difficile

I  contrasti tra scienza e politica non sono solamente materia di cronaca: sin dalla nascita della scienza e dall’affermazione del suo metodo, riconosciuto come la principale via per spiegare i fenomeni sensibili della realtà, sono sorti forti contrasti con le autorità allora “detentrici del sapere” -già, perché a quel tempo il sapere si deteneva come un’acquisizione personale e non era certo accessibile ai più-.

 

Quali erano queste autorità?

Prima su tutte viene in mente la Chiesa che aveva ancora il potere di imporre la dottrina. Alcune scuole filosofiche che coltivavano un sapere “indipendente”, sconfessandolo se in contrasto con le Sacre Scritture.

Di fatto, l’arma della Chiesa, per quanto possa sembrare sciocca, era terribile: l’emarginazione sociale.

La scomunica ad un cittadino consisteva in pratica nell’opporre la “pecora nera” ad un esercito di pecore bianche; allora alla sfortunata pecora rimanevano 2 possibilità: ricambiare il colore del pelo, cercando di nascondere l’errore oppure trovare altre pecore disposte a diventare nere e collaborare alla causa.

Da soli si finiva in tribunale come Galileo: la Santa Inquisizione, rafforzata da teologi esperti, di formazione gesuita, era intransigente e condannava gli eretici alla prigione, alla tortura e, soprattutto per un ricercatore, a non poter proseguire il proprio lavoro.

 

Tuttavia siamo arrivati al paradosso di tutto ciò: lo Stato Italiano è democratico e ciò implica la libertà di pensiero, di parola e di stampa; ottime conquiste. Non potremmo immaginare di non avere queste libertà.

La storia ci insegna che i periodi più duri, come il fascismo, sono stati proprio caratterizzati dall’assenza di queste libertà; ma qui sorge un altro problema.

Adesso non si sta vietando nulla, la mentalità comune va piuttosto all’opposto: tutti devono essere autorizzati a parlare di tutto, a decidere di tutto, a mettere voce su tutto.

La libertà di parola esiste perché di un determinato argomento si possono avere opinioni differenti e in questo caso è molto costruttivo confrontarsi in democrazia, ma c’è un argomento su cui non si possono avere opinioni -come dice il detto-: “La matematica non è un’opinione”; bisognerebbe dire, tutta la scienza.

Questa, infatti, non è una questione democratica come può essere un’azione politica che si decide con il voto, il sapere è uno e basta, non è democrazia, e non si decide con il suffragio.

 

Immaginate la situazione: cento bifolchi e uno scienziato devono votare un provvedimento che migliori la qualità della vita; ora, è logico che il voto di ognuno abbia uguale valore perché la vita di ognuno vale uguale, no?

Tuttavia, se lo scienziato ritiene valida una tesi dimostrata, non deve valere il voto contrario degli altri 100 per stabilire la sua veridicità: essa o è giusta o è sbagliata e il giudizio può semmai provenire da un altro scenziato egualmente esperto.

 

Queste situazioni sono quelle talvolta proposte dal nuovo Governo: per i vaccini basta l’autocertificazione, falsificabile con facilità. Oppure, di recente, sembra che il Viadotto Polcevera (Morandi) sia potuto crollare a causa di una dispersione di carico da parte di un autotreno. Tutto ciò è semplicemente ridicolo.

La stessa piattaforma Rousseau (piattaforma per il voto online), che porta il nome altisonante del grande teorico politico e filosofo illuminista, viene usata in una maniera che lo fa a dir poco rivoltare nella tomba: è assurdamente facile barare al computer e falsificare qualche dato, ottenendo il risultato voluto; per non parlare del problema della segretezza del voto!

Per questi motivi è finita sotto il mirino del Garante della Privacy: è uno strumento in più che può essere utilizzato a fin di male e senza neanche troppo sforzo.

 

L’ennesima ingerenza politica è arrivata con la rimozione di Roberto Battiston dalla presidenza dell’Agenzia Spaziale Italiana: un Professore considerato uno dei massimi esperti di fisica delle radiazioni cosmiche al mondo, dopo aver risollevato l’ASI che versava in condizioni critiche e dopo essere stato riconfermato a maggio 2018, è stato sostituito da un generale dell’Aeronautica Militare, che per quanto possa essere esperto, al confronto sarà sempre un ignorante.

 

Dove si vuole andare a parare? Come mai le competenze non vengono più riconosciute?

Perché al posto di puntare sul reddito di cittadinanza, manovra dimostrata in perdita dal momento che ogni euro speso produce 0,6 euro di entrate, non si mira a valorizzare la nostra ricerca, che ci rende famosi e stimati in tutto il mondo?

 

“Ed è cosa che fa maraviglia a contare il numero dei dotti, ma veri dotti, che vivevano contemporaneamente cencinquant'anni addietro, e anche più tardi, e vedere quanto fosse smisuratamente maggiore di quello dell'età presente. Né mi dicano che i dotti sono pochi perché in generale le cognizioni non sono più accumulate in alcuni individui ma divise fra molti; e che la copia di questi compensa la rarità di quelli. Le cognizioni non sono come le ricchezze, che si dividono e si adunano, e sempre fanno la stessa somma. Dove tutti sanno poco, e' si sa poco; perché la scienza va dietro alla scienza, e non si sparpaglia. L'istruzione superficiale può essere, non propriamente divisa fra molti, ma comune a molti non dotti. Il resto del sapere non appartiene se non a chi sia dotto, e gran parte di quello a chi sia dottissimo. E, levati i casi fortuiti, solo chi sia dottissimo, e fornito esso individualmente di un immenso capitale di cognizioni, è atto ad accrescere solidamente e condurre innanzi il sapere umano.”

Giacomo Leopardi,  Dialogo di Tristano e di un amico

Scritto da Ludovico Crespi 5B

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